Sirignano (AV)



Sirignano in epoca romana era occupato da un latifondo con annessa villa rustica, che dal nome del proprietario "Serenius", si chiamò "fondus Serenianus".

Storia
La prima notizia certa di un centro abitato chiamato Sirignano risale infatti agli inizi del sec. XII e precisamente al 1300, quando un certo Angelo chiamato "Scambatus" donò un terreno al monastero di Montevergine.

Quel primo nucleo era situato, secondo una tradizione tramandatasi di persona in persona sino a oggi, sulle pendici della vicina collina detta "Montagnella", nel luogo tuttora chiamato "San Ciliesto", a ricordo di un'antica chiesa dedicata a S. Celeste, scomparsa da un tempo immemorabile ma ancora esistente nel 1310.

Fondata probabilmente da cittadini avellani, Sirignano rimase per molti secoli un "casale" (ossia una frazione) di Avella e fu quindi sottoposta ai feudatari che ressero quella baronia, tuttavia già a partire dalla metà del 1500 si attesta in territorio di Sirignano la presenza di una vasta proprietà terriera, con probabile palazzo padronale, posseduta all'epoca dalla famiglia nolana dei Fellecchia.

Ai principi del mese di Luglio del 1601, nella chiesa parrocchiale di Sirignano accadde un fenomeno che mise letteralmente in subbuglio l'intera popolazione.
Molte persone videro infatti un crocifisso, che poco prima era stato portato in processione, trasudare acqua dal volto ed aprire e chiudere gli occhi.

Nel 1614 il casale di Sirignano ottenne una prima forma di autonomia stipulando una convenzione con l'università (cioè il comune) di Avella, in base alla quale i siriganesi cominciarono ad eleggere da sé i propri amministratori.

Più o meno contestualmente anche le prerogative e i diritti che i feudatari di Avella vantavano sugli abitanti di Sirignano furono acquisiti dei possessori del suffeudo sirignanese che, dopo i Fellecchia, passò, per matrimonio, prima agli Albertini di Cimitile e poi ai Caracciolo della Gioiosa.

Su tale suffeudo fu successivamente appoggiato, nel corso del XVIII secolo, il titolo di "principe di Sirignano", dal quale la famiglia De Gennaro fu la prima a fregiarsi.

Nel 1799, Raimondo De Gennaro dei principi di Sirignano venne eletto, a Napoli, tra i 25 rappresentanti della Commissione legislativa delle Repubblica. Ma alla caduta di questa, venne rinchiuso nel carcere di Castelnuovo e poi condannato, dalla giunta di Stato, alle'esilio perpetuo dal regno delle Due Sicilie.

Nel corso del 1800, intanto, il feudo passa a vari proprietari, ma i Caravita, formalmente, continuano a mantenere il titolo nobiliare di "Principi di Sirignano", fin quando esso giunge a Giuseppe Caravita (1849 - 1920). Questi ricompra le proprietà che un tempo avevano costituito il feudo e fece costruire, intorno al 1885, sulle rovine del vecchio castello feudale, lo splendido maniero in stile neogotico, conosciuto come il palazzo del Principe.

Nella belle epoque (tra la fine dell'800 e l'inizio del 900), questa sfarzosa residenza, fu meta di personaggi di levatura internazionale.

Tra questi è d'obbligo ricordare il poeta Salvatore Di Giacomo, il tenore Enrico Caruso e il pittore Eduardo Dalbono.

Ultimo principe di Sirignao è stato don Francesco Caravita, detto pupetto (1908 - 1998), noto per i clamori della sua vita mondana, per le sua apparizioni televisive e per il suo libro "Memorie di un uomo inutile" edito da Mondadori nel 1981.

Il palazzo del Principe, abitato dalla famiglia Caravita fino agli anni 50, dopo fu progressivamente abbandonato e spogliato delle sue opere d'arte che custodiva.

Lo splendido parco è stato prima abbandonato a sé stesso e poi parzialmente espropriato dal comune nel 1991.

Nel 1992 si è avuto il crollo della parte destra della facciata e l'abbattimento della parte superiore delle tre torri, con le caratteristiche merlature guelfe.

Solo alla fine del 2007 l'amministrazione comunale di Sirignano, si è mobilitata per il recupero del patrimonio, e tuttora il castello è in fase di restauro.


Tradizioni e feste
L'originalità di Sirignano è senz'altro la festa del 30 Novembre dedicata al patrono S. Andrea Apostolo.
Questa giornata per i sirignanesi è come se fosse Natale, infatti viene denominata "NATALE PICCIRILLO" e, come tradizione vuole, viene preceduta dalla vigilia, trascorsa alla stesso modo di quella del 24 Dicembre.
Anticamente i contadini, una volta tornati dai campi, preparavano il tipico piatto di quel giorno "spaghetti con noci e alici" seguito da: alici, baccalà fritto, scarola e broccoli di Natale, il tutto fritto o condito con l'olio dei loro oliveti.
Dopo la cena, il rito del fuoco, da sempre il simbolo forte venerato nelle civiltà contadine, il falò di S. Andrea, che veniva e viene tutt'oggi acceso nella piazza storica del paese (piazza Principessa Rosa), è un rito di origine pagana e intende essere un ringraziamento per il raccolto della stagione trascorsa.
A riscaldare la fredda serata il fuoco, ma anche le caldarroste, le patate cotte sotto la cenere e il vino novello.
Il 30 Novembre, giorno di S. Andrea, per le vie del paese, c'è il tiro dei Mai, grassi tronchi abattuti on onere del Santo con la successiva vendita all'asta degli stessi.

Testi tratti da: http://www.prolocosantandrea.com

e-mail: info@prolocosantandrea.com

Nessun commento:

Posta un commento