Palazzo Adriano (PA)


La storia
Le prime notizie riguardanti un casale detto Palazzo Adriano risalgono al tempo dei Vespri Siciliani (1282). Tuttavia il paese, rimasto praticamente disabitato durante il XIV sec. fu ripopolato nel XV sec. da una colonia militare di Albanesi e da loro successive ondate migratorie in seguito all'invasione dell'Albania da parte dei Turchi. Il Comune di Palazzo Adriano, conservò a lungo, attraverso i secoli, cinque autonomie: amministrativa, giudiziaria, economica, religiosa e militare, di origine balcanica, permesse e riconosciute dalla legislazione del regno meridionale. Esse costituiscono un fatto sostanzialmente unico nella storia dell’Italia Meridionale. Furono sancite attraverso una lunga serie di “Capitoli” molto vantaggiosi, ottenuti in primo luogo per il rispetto verso i grandi personaggi della storia di Skanderbeg qui radunatisi ed in seguito attraverso una lunga serie di lotte giudiziarie contro i Baroni Opezinghi. Il tipo di cultura e di civiltà di origine balcanica espressa in quei capitoli è stata conservata lungo i secoli da vari grandi istituti religiosi sostenuti dalla Santa Sede, quali il Monastero di San Salvatore di Messina e il Collegio Greco di Roma, o il Monastero del Reres di Mezzoiuso e il Seminario Greco-Albanese di Palermo, istituiti e sviluppati da personalità locali quali Demetrio Reres a Mezzoiuso o il Guzzetta ed il Gran Parrino a Palermo. Quest’ultimo istituto retto per lungo tempo da alcuni grandi studiosi originari di Palazzo Adriano è diventato il più importante centro d’Italia per la difesa del rito Bizantino e con l’appoggio della Santa Sede, per la riproposizione della cultura classico-cristiana contro le nuove tendenze d’origine transalpina diffusesi dopo le grandi rivoluzioni europee: quella francese e quella russa. Alla cultura e alla civiltà espressa da quel Seminario Greco-Albanese di Palermo fanno riferimento in vario modo alcuni dei grandi nomi della storia italiana degli ultimi due secoli quali Crispi, Sturzo, Leone XIII e Pio XII, Costantino Mortati, Enrico Cuccia ed in parte anche Antonio Gramsci. Il massimo sviluppo socio-politico di questo paese si ebbe nel sec. XIX quando un'organizzazione di campieri palazzesi si insediò nei feudi di quasi tutta la Sicilia ed arrivò ad esprimere figure di primissimo piano in campo nazionale, la più importante delle quali fu Francesco Crispi. Questi, originario di Palazzo Adriano, con l'aiuto di vari altri suoi compaesani, appoggiò e sostenne nella fase iniziale la Spedizione dei Mille, monopolizzò le posizioni della Sinistra Nazionale col giornale "La Riforma" e riuscì ad estendere parecchie delle autonomie e tradizioni del suo paese di origine, a tutta l'Italia, avviandone per primo la democratizzazione. Gli abitanti di Palazzo Adriano grazie alle ampie libertà consentite dalle loro strutture sociali e religiose, con il loro spirito fiero e combattivo rivendicarono in campo religioso, civile e politico, l'autonomia di varie iniziative. Esse permisero sia ai Fasci Siciliani, le cui principali manifestazioni ebbero origine da questo paese (1893), sia, in seguito, alla nascente democrazia cristiana del tempo di Leone XIII, di organizzare i primi scioperi cattolici e pacifici di rilievo nazionale attraverso la Lega Cattolica dell'Arciprete Giovanni Alessi (1901), la cui eredità fu raccolta da Luigi Sturzo. L'azione di questi continuò poi a lungo ad essere sostenuta dagli Albanesi di Sicilia anche durante il suo esilio, fino al riconoscimento della nuova Democrazia Cristiana ad opera di Pio XII. Testimonianze tangibili dell'avvio della storia di Palazzo Adriano si trovano nell'elemento urbanistico originale di natura militare difensiva del paese consistente in cunei di case che si addentrano in piazze previste come campi di battaglia. Questi cunei si trovano tuttora in Piazza Umberto I, sul colle di S. Nicola e nella Piazzetta Garibaldi. Il paese, infatti, caso unico in Europa in questo periodo (XVI-XVIII sec.) assieme agli altri paesi siculo-albanesi di origine militare, da esso derivanti, si sviluppò in forma di nuclei difensivi consecutivi forniti di porte d'ingresso costituite dagli attuali archi sotto i quali si trova in genere l'immagine della Madonna protettrice. Essi sono circondati in forma di mura da file di case con rare strade di accesso. Il più completo di questi nuclei è il cuneo della Piazza Umberto I che si stende fino al quartiere detto «Cittadella» circondato da fiumi, all'interno del quale nel cortile detto dei Fabbri, c'erano delle fabbriche di armi dalle lame rinomate. Quando nel 1448 Murat II assediò Kroja, la città di Skanderbeg in Albania, il re di Napoli Alfonso il Magnanimo e lo stesso Skanderbeg credettero necessario provvedere alla difesa delle coste della Sicilia, della Calabria e della Puglia per impedire eventuali tentativi di invasione e per proteggere alle spalle la resistenza albanese. Così, nonostante le difficoltà del momento, Skanderbeg mandò in Italia circa un quinto del suo esercito agli ordini di Demetrio Reres e dei suoi due figli. Il loro corpo militare da allora in avanti, fino alla morte di Skanderbeg nel 1468 e fino alla presa di Scutari da parte dei Turchi nel 1479, costitui la retroguardia dell’esercito albanese operante in Albania. Il corpo militare albanese di stanza in Sicilia, inizialmente pose la sua sede nella fortezza di Bisir, nei pressi di Mazara del Vallo e da lì andò in cerca di nuove postazioni. Credette opportuno sistemarsi dove c’erano vecchi casali disabitati perché se lì c’erano state altre genti doveva esserci acqua, buon clima e buone terre. La prima ondata di Albanesi arrivò a Bisir nel 1448 e si inoltrò verso I’interno sostando a Contessa Entellina. Dice il Chetta: “... gli albanesi venuti da Bisir occuparon il sesto della piazza della Contessa avanti il tempio dell’Annunziata dentro le lor militari tende, e padiglioni di campo con attorno una forte trincea in prontuaria convervazion de’ loro mobili, e delle loro donne...”. Le colonie del Reres sono quelle di Contessa, Palazzo e Mezzoiuso. Esse “sono tra loro più simili sul tutto”. Dunque gli Albanesi venuti a Contessa, a Palazzo Adriano e a Mezzoiuso erano dei militari e la sistemazione delle tende prima e delle case dopo venne fatta secondo un piano militare. D’altra parte vennero qui con la guerra negli occhi e la morte pronta ad inseguirli, quindi era necessario salvaguardare la propria vita e quella dei familiari costruendo delle strutture adeguate e sicure per difendersi da eventuali attacchi. Per Contessa abbiamo la testimonianza del Chetta, ma dalle strutture urbanistiche che si sono studiate nell’ultimo decennio, per gli altri due paesi, si deduce che anch’esse sono di carattere militare difensivo, molto somiglianti tra loro. Dopo la caduta di Scutari nel 1479 vennero i questi paesi i capi militari dell’esercito di Skanderbeg, facoltosi e di grandi capacità organizzative e i loro nomi e cognomi vi si conservano e sono testimoniati identici, da centinaia di anni, nei registri parrocchiali delle rispettive chiese.

Il territorio
Palazzo Adriano, situato al centro della Sicilia Occidentale, è praticamente equidistante dalle sue principali città: Palermo, Trapani, Agrigento e Caltanissetta, e rimane un pò fuori mano riguardo alle loro principali vie di comunicazione. Questo fatto, che nel passato ha favorito la conservazione e lo sviluppo delle sue particolari strutture sociali che si sono fatte sentire fino a tutte quelle città e relativi paesi circostanti, ancora adesso permette la conservazione dell'ambiente umano e naturale, protetto dagli influssi nocivi degli eccessivi assembramenti umani. Le immediate conseguenze si vedono nella purezza dell'aria e nella limpidità dei frequenti corsi d'acqua che ancora scorrono nella zona nonostante le varie captazioni di sorgenti che riforniscono d'acqua potabile una parte non piccola della Sicilia Occidentale. Ancora estesi e frequenti boschi rimangono regno piuttosto intatto di varie specie animali e vegetali, alcune delle quali ormai quasi esclusive della zona. Queste circostanze rendono l'ambiente naturale di Palazzo Adriano meritevole di protezione, come si sta provvedendo a fare, perché ormai comincia ad essere scoperto in queste sue caratteristiche che attirano studiosi ed appassionati e sono meta di frequenti escursioni turistiche per ritrovare i tempi passati della terra ed avere un immediato contatto con le sue condizioni più naturali e spontanee. La più importante delle montagne circostanti nei dintorni di Palazzo Adriano è quella detta “Montagna delle Rose”. Poco al di sotto della fascia pianeggiante della sommità scarsamente alberata, comincia l'ampia fascia di boschi e radure che è la più interessante dal punto di vista biologico e botanico. Al di sotto di essa, poco prima dell'inizio delle zone più intensamente frequentate dai pastori con le loro tipiche aziende arcaiche ed i pagliai con gli zoccoli di pietra a secco dalla preistorica forma circolare, ed ancora prima delle zone coltivate, comincia la fascia delle numerose sorgenti che sgorgano nei suoi versanti dal lato di Palazzo Adriano, di Bivona e di S. Stefano Quisquina. Oltre alle sorgenti di acqua ancora scorrenti in superficie come quella bellissima e freschissima di Morigi, esistono anche varie sorgentine minori con acque potabili e relativi abbeveratoi per gli animali. Monte ugualmente interessante nella zona di Palazzo Adriano è quello di Montescuro ai cui piedi sgorga la grande sorgente che rifornisce di acqua circa quaranta centri abitati fino a Trapani. Le gallerie di quella sorgente di eccezionale ed impressionante bellezza, con molte precauzioni e con autorizzazioni severamente selettive si possono talvolta visitare. Ma anche a non potere accedere ad essa, è egualmente interessante la visita alla zona dove sgorga per la grandiosità del paesaggio di tipo dolomitico fatto di profonde valli e di picchi e catene vertiginose tra cui si annida qualche luogo attrezzato per soste turistiche. Altra zona simile è data dalla Montagna della «Culumma» e dalla sorgente della Madonna della Scala. La valle dove confluivano ed in parte ancora confluiscono tutte quelle acque, quella famosissima del Sosio dalle multiformi bellezze naturali raggiunge il suo massimo fascino per l'eccezionale configurazione orografica nella zona detta «Listi d'u Firriatu» le cui profondissime gole sono di difficile accesso, inframmezzate da cascate. Nei loro pressi si estende il bosco di Adriano, il più ampio dei numerosi boschi della zona in parte crescenti a foresta vergine ed in parte ancora discretamente praticabili. Essi sono ricchi di infinite sorprese di ogni genere specialmente se le loro visite sono guidate da persone culturalmente preparate ed esperte della zona, che possono evidenziarle. La Pro-Loco di Palazzo Adriano, su previo accordo, offre la possibilità di trovare tali guide. Chi visita attentamente queste zone si rende subito conto che non è necessario andare lontano per scoprire grandi meraviglie geologiche e paleozoiche, idrografiche, botaniche e biologiche oltre che paesaggistiche.
Aspetti Paleontologici, Biologici e Botanici
Per amare una terra è importante conoscerla. E conoscerla significa essere attenti a cogliere quanto essa può dare. Palazzo Adriano è una comunità piccola nei suoi confini; poco affollata per chi pensa e vive nelle dimensioni delle metropoli. E forse proprio per questo ha saputo conservare ancora integri alcuni tratti genuini, di quella genuinità che oggi si apprezza forse più di ieri. La natura con i suoi paesaggi, il suo patrimonio idrogeologico e paleontologico, la gente col suo carattere ospitale, con la sua storia, con le sue tradizioni, con il suo folklore e i suoi monumenti: la nostra ricchezza sta tutta qui. L'ambiente naturale è un affresco policromo, dominato dall'uomo e dalla natura che vivono in un rapporto d'equilibrio. Oggi più che mai quando, sotto l'avanzare spesso irriguardoso del progresso ai paesi o alla natura si fa ritorno cercando i segni del passato, il messaggio di tradizioni che sono storia di ieri e vita di oggi. Palazzo Adriano è una meta da raggiungere ineludibile, un paese da scoprire essendo lo stesso lo scrigno della storia naturale. Difatti rappresenta un vero e proprio museo, paradiso degli studiosi di paleontologia e di geologia. E' nel suo territorio che si trova la Valle Del Sosio, dove è possibile godere di un incantevole panorama, di una interessante e ancora incontaminata flora, di una fauna terrestre rara e strordinaria e inoltre di luoghi geologici che hanno attratto l'attenzione di studiosi di tutto il mondo. Estesi boschi e boscaglie di Quercus Ilex ed altre essenze arboree ed arbustive tipiche dell'entroterra siciliana quali: lecci, roverelle, corbezzoli, etc.:
Vi vivono inoltre volpi, conigli, lepri, cinghiali, istrici, gatti selvatici, ricci, martore ecc... La Valle Del Sosio è un'area ad alto interesse geologico-ambientale con caratteristiche geologiche, paleontologiche e geomorfologiche di rilevante valore scientifico. E' in questa valle che emergono i cinque blocchi calcarei, noti i tutto il mondo per il loro grande interesse paleontologico dato dalle ricchissime macro e microfaune (fossili) del Permiano in essi contenute. Il Permiano è l'ultimo periodo dell'Era Paleozoica. L'Era Paleozoica o primaria è la seconda di un ordine di partizione cronologica della storia della terra. L'esistenza del Permiano a Palazzo Adriano è stata segnalata per la prima volta nel 1887 da G. G. Gemmellaro in quattro spuntoni calcarei. Successivamente ne fu scoperto un altro da R. Fabiani nel 1925. Di queste cinque formazioni (Pietra di Salamone, dalla quale furono estratti i primissimi fossili che rivelarono la presenza del permiano in Sicilia. Rupe del passo di Burgio, Pietra dei Saraceni, Rocca di San Benedetto e ultima scoperta Rupe di San Calogero), soltanto due hanno resistito sino ad oggi al violento attacco dei saccheggiatori e dei venditori di fossili. La ricchissima fauna marina, originariamente raccolta e studiata dal Gemmellaro, è per la quasi totalità rappresentata presso il museo di paleontologia dell'Università di Palermo (1887/1899). Questa fauna, tipica dell'ambiente di scogliera per la ricchezza dei generi e delle specie presenti e per il perfetto stato di conservazione dei fossili, si può considerare unica al mondo e infatti continua ad essere oggetto di studio da parte di numerosi specialisti. La maggior parte degli esemplari risultano Olotipi cioè esemplari sui quali è stata per la prima volta individuata una nuova specie. Questi blocchi calcarei hanno fornito 522 specie di fossili, di cui 366 descritti dal Gemmellaro e 156 da altri studiosi. In passato si è molto discusso sull’età dei calcarei sopracitati, la cui datazione appariva difficile. Lo sviluppo della conoscenza del Permiano in generale, unito ad una migliore conoscenza di alcuni gruppi di fossili (fusulinidi), ha portato a datare questi alla parte alta del Permiano inferiore (600 milioni di anni secondo Kykp).

LA PIETRA DI SALAMONE
La Pietra di Salamone è il più grosso dei blocchi calcari della valle del Sosio. Questa valle è un'area ad alto interesse geologico-ambientale con caratteristiche geologiche, paleontologiche e geomorfologiche di rilevante valore scientifico. La Pietra di Salamone assieme alla Rupe dei Saraceni sono noti in tutto il mondo per il loro grande interesse paleontologico dato dalle ricchissime macro e microfaune (fossili) del Permiano in essi esistenti. L'esistenza del Permiano a Palazzo Adriano è stata segnalata per la prima volta nel 1887 da G.G. Gemellaro, la ricchissima fauna marina raccolta, è per la quasi totalità rappresentata presso il Museo di Paleontologia dell' Università di Palermo. Questa fauna, tipica dell'ambiente di scogliera per la ricchezza dei generi e delle specie presenti e per il perfetto stato di conservazione dei fossili, si può considerare unica al mondo e infatti continua ad essere oggetto di studio da parte di numerosi specialisti.

PIETRA DEI SARACENI
La Pietra dei Saraceni, è caratterizzata dalla sua forma a batolite. Presenta una scala intagliata nel calcare partente da metri 3 dalla base e un pozzo artificiale di forma circolare nel quale confluiscono solchi anch'essi artificiali per la raccolta dell'acqua piovana. La presenza di tali interventi dovuti alla mano dell'uomo porta ad ipotizzare che tale emergenza sia stata utilizzata in epoca bizantina come dimora da un monaco stilita. La rupe ha un'altezza di circa 30 m e svetta verticalmente su una ristretta base.







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